Quella distesa d’acqua infinita oltre l’intricata foresta di alberi sembrava ribollire a mano a mano che il sole si mostrava. L’uomo restò fermo, incantato da tutta quella struggente meraviglia. Il tintinnio delle sartie gli ricordò che era un navigatore che non naviga da tre anni, e che da tre anni aveva superato i cinquanta.
Il suo occhio si librò lentamente sopra il mare attraversando il Mediterraneo fino a Gibilterra; gradualmente passò sulle Canarie; giunto a Capo Verde aumentò la velocità superando l’Atlantico; fece un largo giro sui Caraibi e poi si diresse verso Panama; cabrando sulle Galapagos si tuffò nel Pacifico; rimbalzò come un sasso sull’oceano in prossimità della Polinesia; sorvolò l’Australia e la Nuova Zelanda planando sull’Antartide. Giunto lì si riposò un poco, osservando con mesta curiosità una vecchia stazione baleniera abbandonata. Dopo aver dato uno sguardo a Capo Horn, avido e irrequieto, il suo occhio puntò verso il cielo attraversando la troposfera; gradualmente passò alla stratosfera; giunto fuori all’esosfera si fermò e osservò la Terra dall’alto imbellettata da un’aura azzurra – sospesa in un silenzio cosmico. Sempre più assetato, il suo occhio sbirciò verso lo spazio esterno: raggiunse Marte ammirando la fredda bellezza di quel pianeta color ruggine e i suoi misteri; fece un largo giro intorno a Giove incantato dalle dimensioni del gigante; poi verso Saturno e i suoi splendidi anelli; superò Urano, Nettuno, e giunto nei pressi di Plutone ebbe un attimo di esitazione. Si volse indietro per l’ultima volta e si avventurò verso gli spazi siderali.