Fitzroy

     I cespugli le schiaffeggiavano il viso, mentre avanzava con forza riparandosi la testa con le braccia; ogni tanto i capelli le s’impigliavano in qualche ramo ed era costretta a fermarsi per districarne l’intreccio. Aveva le gambe graffiate e rimpianse, ancora una volta, di non aver messo i pantaloni lunghi quella mattina, ma la giornata era serena e faceva caldo. Si fermò a una biforcazione con al centro un vecchio albero inclinato: segno che  il vento lo teneva costantemente sotto continue raffiche. Era indecisa se prendere a destra o a sinistra; notò che il sentiero a destra degradava lentamente e l’imboccò senza neanche starci molto a pensare.

Come aveva potuto fare un errore così madornale? Perché aveva deciso di ridiscendere la montagna attraverso il bosco e non lungo il sentiero principale? Anche se quell’uomo sembrava che la seguisse a distanza. Perché era convinta che avesse strane intenzioni? Quello sguardo non le piacque, c’era qualcosa in quegli occhi che le fecero venire i brividi: occhi malefici, bramosi…

Si convinse che la scelta di prendere per il bosco era stata giusta. Ma la vegetazione era così fitta che a stento ci passava la luce. La luce… ancora per poco: il crepuscolo si approssimava ed era piuttosto veloce in quella parte del globo. Eppure quel lato della montagna sembrava così facile e il bosco così  invitante e sicuro che non le passò neanche per la testa il sospetto di potersi smarrire.

Era stanca, camminava dall’alba; si era fermata in vetta solo mezz’ora, il tempo di fare le foto. Dio, quante ne aveva fatte di foto. Un’infinita! Ma era un’occasione da non perdere: cielo terso – anche se veniva chiamata la montagna che fuma per le frequenti nubi che si addensavano sulla sommità –  il ghiacciaio che brillava degradando sul lago e quel picco incredibile e maestoso, tutto là, davanti ai suoi occhi incantati. Un mese prima non ci avrebbe mai pensato di trovarsi in quel luogo straordinario, sola, a migliaia di chilometri da casa.

Si era fermata dal giornalaio  come tutte le mattine per acquistare il quotidiano e lo sguardo le cadde su quella rivista che splendeva con la sua singolare patinatura che profumava di stampa fresca. La foto mostrava un picco riflesso su un lago magico. La mano partì senza ricevere nessun tipo di impulso e agguantò la rivista come se fosse l’unica copia esistente al mondo. Prese la metropolitana, si aggrappò al palo al centro della piattaforma davanti alla porta e inizio a sfogliare la rivista avidamente. Arrivata a destinazione aveva già deciso dove sarebbe andata in vacanza il mese successivo. Passò la giornata chiusa in se stessa a far diventare le immagini di quella rivista un qualcosa di tridimensionale, aiutata anche da alcune ricerche fatte su internet nella pausa pranzo. Uscita dal lavoro si diresse velocemente in un’agenzia di viaggi prima che chiudesse, sedette davanti all’impiegato e con un largo sorriso gli mostrò la foto della rivista. Tornò a casa con un voucher in più e con duemila euro in meno sul conto corrente, ma era felice.

Le ombre si allungavano lente ma inesorabili, aumentò il passo come se volesse sfuggire alla notte che si apprestava a coprire la Patagonia. Il picco del Fitz Roy ormai non si vedeva più e lei non sapeva ancora se imboccando quel sentiero aveva fatto la scelta giusta. Ripensò all’albero che aveva incontrato qualche ora prima e calcolò che se il vento spirava dalle vette e  l’albero era inclinato verso sud, prendendo a destra, allora… La rivelazione fu come un pugno nello stomaco che le tolse il respiro e la fece inchiodare lì ferma e con le lacrime che le scorrevano sul viso tormentato dai graffi: aveva sbagliato strada! Cadde in ginocchio con le mani sulla faccia, avvinta dalla disperazione. La luce ormai era calata e i primi suoni notturni iniziarono a invadere il bosco. Si rialzò titubante e ritornò sui suoi passi: aveva visto una specie di piccola radura poco prima e decise di raggiungerla per passarci la notte. Il freddo le mordeva le carni già da un po’ quando uno strano rumore si fece strada nella fitta boscaglia. Una sagoma scura le si materializzò davanti, riconobbe l’uomo dall’odore di fumo misto al sudore che emanava. Si ritrasse contro un tronco caduto, sperando di diventare invisibile. L’uomo diede fuoco alla torcia, il cui bagliore la investì in pieno e il terrore la pietrificò lasciandola inerme. L’uomo cominciò a parlarle in una lingua mai udita; con una tono di voce basso, roco, come una cantilena ipnotica. Lei iniziò a retrocedere e superò il tronco senza mai dargli le spalle. L’uomo avanzò continuando a parlarle in quella lingua sconosciuta, mentre lei continuava a indietreggiare. Finché uno spuntone di roccia non le bloccò la ritirata. A quel punto l’uomo le artigliò le caviglie, lei cercò di divincolarsi vibrando calci come un’indemoniata, ma l’uomo era più forte: le diede un schiaffo e la fece sbattere contro la roccia. Ormai, stordita, era là là per perdere i sensi. Senti che l’uomo le allargava le gambe, strappandogli gli short. Lei, inebetita, cercò di difendersi artigliandogli il viso più volte e ficcandoli le unghia negli occhi. Il grido di dolore dell’uomo attraversò tutto il bosco, ma la reazione fu immediata: un pugno in pieno viso la fece risbattere contro la roccia e perse i sensi.

Il piccolo ospedale di El Chalten  era una struttura in legno di settanta metri quadri e non era molto attrezzato, era solo un presidio per eventuali incidenti in montagna, i casi più gravi venivano trasferiti a Santa Cruz, a quattrocento chilometri. Era gestito da un medico e una infermiera. I due erano sul portico:

” Come sta l’italiana?”, chiese l’infermiera.

” Stamattina l’ho visitata: sta migliorando.”

” Madre de Dios, che avventura… “, ribatté la donna.

” Per fortuna che quell’ infame non è riuscito a portare a termine il suo piano. Se Pedro e Carlos non si fossero trovati lì…

” Ma come è andata esattamente?”

” Si era fatto buio e i ragazzi avevano deciso di attraversare il bosco per scendere più presto a valle. Improvvisamente hanno sentito gridare e si sono diretti da quella parte, poi hanno visto la luce di una torcia e la sagoma dell’infame che stava sopra di lei. Lo hanno bloccato e legato a un albero. Poi hanno chiamato le guardie e sono scesi a valle con la donna, lasciandolo là.”

” Ma lui chi è, lo conosci, dottore?”

” È uno che si aggira da queste parti. Dicono che sia un Fuegino”

” Ma i Fuegini sono estinti da tempo, possibile… ?”

” Non lo so, il fatto strano è che quando sono tornati era scomparso, hanno trovato solo la torcia. Il problema è che la torcia non è elettrica, è una vecchia torcia di legno con le testa di sego”

” Vergine Santa… che storia strana. Per fortuna che lei ha gridato.”

” No, non è stata lei ha gridare, è stato il Fuegino.”

” Come? Perché non ha gridato?”

” È muta.”

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