Igloo

Torri di ghiaccio alla deriva.

Cumuli grigi solcano il cielo.

I venti urlano.

I mari ribollono.

Lassù le notti sono lunghe più dei mesi.

Non c’è via di mezzo, non c’è transizione.

I fiori non dormono: o sono vivi o sono morti.

Lassù il freddo ghiaccia anche i pensieri.

Lassù sotto gli igloo.

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Neve

Ascolto il rumore della neve che cade

il mio mondo coperto di bianco

stalattiti fredde

erosioni temporali

voci lontane che ondeggiano

luce riflessa che rimbalza sul ghiaccio

cani che fiutano

mi cercano

fa freddo

mi avvio senza lasciare tracce.

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Preda delle acque

La barca era piccola, troppo piccola. La costa era lontana; là, in fondo, oltre il buio.
O forse no? Forse la costa non c’era, forse non c’era niente oltre quell’oscurità immutabile? Forse c’erano solo voci sorde di disperazione? Bocche aperte prive di suono che chiedevano aiuto. Ma lui come poteva aiutarle? Era preda delle acque. Curvò le spalle alle tenebre intorpidite dalla sua incertezza; sentiva un grosso peso su di sé prodotto da una gravità opprimente. Cercava di ragionare, ma appena gli si formava un concetto logico, una mano diafana glielo ghermiva dalla mente.

Il vento soffiava a vortici insistenti e la barca non riusciva a trovare la rotta; le vele a brandelli creavano forme stridenti, i cui lembi tremavano nell’aria di quella notte eterna e silenziosa.

Era al timone da molte ore e da molte ore non dormiva. O forse erano giorni? Sapeva che se lasciava il timone, la barca si sarebbe capovolta in quel mare nero. Onde gigantesche lo superavano frangendo e spazzando il ponte da poppa a prua in un silenzio assordante. Ogni tanto qualche gorgo maligno ghermiva la barca facendola girare su se stessa. Sentiva freddo, molto freddo. Provò a cantare, ma le parole gli si gelavano sulle labbra appena uscivano dalla bocca frantumandosi ai suoi piedi. Mentre il vento gli strappava pezzi di pelle dal viso e dalle mani trasformandoli in mille coriandoli traslucidi. Finalmente un suono emerse da dietro le tenebre e si fece strada prepotentemente sopra la notte. Invase l’aria; attraversò lo scafo; s’infilò nel suo corpo e s’impossessò della sua coscienza. Si sedette al centro del letto; il telefono continuava a squillare come se avesse fretta di essere ascoltato.

Si alzò e andò a rispondere. Non c’era nessuno dall’altro lato del filo.

Solo l’ululato del vento.

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