Come cani che si annusano

Il film era poco interessante, ma alcune scene erotiche spinsero la mano di Nadia a scivolare sotto il giaccone di lui. Il pene gli s’ingrossò immediatamente, premendo con forza contro la lampo chiusa.  Nadia muoveva la mano con gesti lenti, facendola scorrere leggera sopra il tessuto grezzo e trattenendosi, volutamente, senza tirargli giù la zip. Lui cominciava a muoversi irrequieto: l’eccitamento gli creava dei brividi incontrollati. Quegli scatti si ripercossero lungo il ginocchio di Cinzia che li interpretò come un invito e, inconsapevole, infilò anch’essa la mano sotto il giaccone. Passarono un paio di secondi prima che le dita delle due donne si toccassero e, immediatamente, si ritraessero imbarazzate verso le rispettive posizioni, sopra le cosce di lui. Fu un momento strano: tutto si fermò, anche il film. Nessuna delle due donne si aspettava di trovare la mano dell’altra sotto quel giaccone misterioso. Le dita iniziarono a tamburellare quasi contemporaneamente, studiandosi, cercando di capire cosa fare in quel silenzio marcato dall’inaspettata rivelazione. Fu la mano di Nadia a prendere l’iniziativa allungandosi verso quella di Cinzia: le unghie iniziarono a toccarsi incerte, scorrendo tra gli spazi teneri delle rispettive dita e scivolando lungo le pieghe irregolari della pelle; giravano in tondo con movimenti lenti – come due cani che si annusano. S’intrecciavano accarezzandosi con tocchi leggeri, affascinate dal reciproco contatto; si allontanavano e poi si avvicinavano sulle punte come nei movimenti di danza classica, girando e cercandosi più volte per poi ritrovarsi cariche di nuovo piacere. Quel gioco trasmetteva alle dita un eccitamento intenso, quasi ardente. Erano tocchi lievi, fuggevoli; erano come le mani di un vasaio che accarezza la creta o quelle di un sarto che sfiora il velluto. Continuavano rincorrendosi eccitate, godendo di quel contatto nuovo, diverso, finché le mani non s’intrecciarono in uno stretto abbraccio, finché le vene non palpitarono gonfiandosi e irrorando sangue ai pori che trasudavano stille di piacere; orgasmo puro.

Infine, senza darsi alcun tipo di segnale, le mani ritornarono verso le rispettive posizioni sopra le gambe di lui, lasciando che il gonfiore prigioniero dentro quel tessuto grezzo implodesse solitario.

 

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Desiderio

Eccoti finalmente. Anche stamattina guardi nella borsa; sbuffi indispettita spostando la ciocca di capelli che ti cade sugli occhi ogni volta che abbassi la testa, poi appoggi la borsa sul tetto dell’auto e ti dedichi alla ricerca delle chiavi come se scavassi una buca nel terreno.
Fa freddo, quel cappotto lungo con il bavero largo ti modella magnificamente il corpo; invano tento di penetrarlo con lo sguardo. Ti desidero. Attraverso la strada e vengo verso di te; alzi la testa, mi guardi e rimani lì, ferma, solo gli occhi si muovono velocemente. Restiamo sospesi per lunghissimi secondi l’uno nello sguardo dell’altro. Ti accarezzo il viso, esiti, e poi strofini la guancia nella mia mano; ti cingo la vita e comincio a baciarti; accompagni i miei spostamenti con studiate angolazioni della testa permettendo alle mie labbra di esplorare la superficie del tuo collo flessuoso. La mia bocca lascia una scia ardente mentre la spingo delicatamente dietro il tuo orecchio, abbassi la testa e mi sposto lungo la nuca percorrendola a piccoli morsi, poi di nuovo sul collo, infine scivolo sulle tue labbra cibandomene avidamente. Ti apro il cappotto per cogliere quanta verità vi sia all’interno; frugo sotto i tuoi vestiti alla scoperta delle tue forme scivolando con le mani lungo il corpo, finché non si riempiono del tuo seno, finché le mie dita sfiorano i tuoi capezzoli turgidi d’eccitamento. Mi cingi il collo, ti ci aggrappi e avvolgi le gambe intorno ai miei fianchi restando sospesa tra la voglia di essere posseduta subito e quella di trovare una posizione più comoda. Ma anche così riesco a entrare in te. Comincio a spingere piano, ma con determinazione, e a ogni spinta la ciocca dei tuoi capelli sobbalza incontrollata, mentre a ogni sguardo il bianco dei tuoi occhi prende il posto dell’iride. Il tuo respiro mi accarezza l’orecchio con sussurri e inviti a spinte ancora più possenti. Non c’è più niente intorno a noi, tutto gira vorticosamente. Cavalchiamo questo momento cercando di farlo durare il più possibile, sorretti solo dal nostro desiderio…

Guardo oltre il tuo viso. Da un albero uno stormo di passeri spicca il volo.

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Le dita

Non posso non scriverti, non ci riesco, è più forte di me. Provo a tenere a freno la mente, poi i pensieri e infine le mani; ma nonostante le trattenga volano sulla tastiera senza fermarsi.
E’ come se qualcosa s’insinuasse dentro di me e decidesse di farmi fare quello che vuole. Le mani partono distaccandosi completamente dai polsi facendo danzare le dita in un ballo frenetico: inarrestabile. Le vedo saltellare da un tasto all’altro senza capire neanche cosa compongono, tanto è la velocità con cui si spostano. Penso che sia una malattia incurabile: come può il pensiero non riuscire a fermare le dita? In fondo non mi dispiace: loro sanno cosa fare, come muoversi; sono decise, conoscono la strada, io no.

Vorrei tanto riconoscerti in mezzo a tutti quei visi che mi riempiono la mente. Spostare quelle facce anonime che mi si parano davanti ogni volta che guardo verso le profondità del futuro. Vorrei tanto indicarti; puntare l’indice e gridare. Ecco! E’ lei! E in quel momento avvicinarmi, prenderti la mano e insegnare alle tue dita a danzare con le mie.

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