11.03.2011 – 14:46

 I tonni erano distesi l’uno accanto all’altro sul pavimento lucido. Hiroshi non si era ancora abituato completamente a quelle bestie prive di testa e di coda: gli trasmettevano sempre una sensazione di disagio.   Il sole iniziava a colorare di rosa il cielo, già appesantito da grossi cumuli pregni di pioggia. Hiroshi, appoggiato al raffio, guardava in alto cercando di interpretare nelle nuvole la strana sensazione che lo opprimeva in quell’alba differente. Decise di non pensarci e di spostare gli ultimi tonni non ancora allineati: allungò il raffio e cominciò a trascinarli l’uno accanto all’altro. Il suono lo colse di sorpresa: la sirena iniziò insistentemente a suonare, invadendo l’aria. Al mercato ittico di Sendai, nella prefettura di Myagi, l’asta stava per cominciare. Il vociare dei compratori aumentò gradualmente finché non si trasformò in una folla di grida concitate; finché quel nuovo mattino non passò sulle loro voci.

   Hiroshi arrotolò con precisione il tubo dell’acqua e lo appoggiò al gancio nel muro, si girò e osservò a lungo il pavimento: aveva fatto un buon lavoro e per quel giorno aveva finito; diede un’occhiata all’orologio e decise che era ancora in tempo per una corsa nel parco. Tolse gli stivali e la tuta da lavoro, s’infilò le scarpe da ginnastica e uscì all’aperto. Guardò il cielo, come se si aspettasse chissà cosa. Fece un lungo respiro e si diresse trotterellando sul lungomare. Le strade sembravano più vuote del solito; era come se mancasse qualcosa, c’era un silenzio che gli appesantiva le spalle. Si girò verso il mare: alcuni pescherecci stavano rientrando, avrebbero scaricato il pesce da portare l’indomani al mercato. Intanto il cielo era sempre plumbeo, ma non era quello che lo preoccupava.

   Rallentò la corsa e si fermò in mezzo al viale guardandosi intorno. L’aria sembrava elettrica e una sottile nebbia grigia copriva le colline a nord; guardò verso il cielo, poi il mare, e stranamente gli girò la testa.

   Un rombo sommesso emerse dalla terra – simile al respiro del grande drago. Il corpo di Hiroshi descrisse una breve parabola nell’aria, poi cadde urtando sullo spigolo del marciapiede: il dolore fu lancinante, era certo di essersi schiacciato un paio di costole. La terra si sollevò agitandosi, gli alberi vacillarono come tanti fuscelli e grossi pezzi di muro si staccarono dalle case frantumandosi. Poi l’asfalto si aprì in grosse fenditure, ingoiando tutto quello che c’era in superficie. Il drago stava banchettando con le sue fauci incatramate e fetide. Hiroshi si rialzò, incespicò poi cadde di nuovo, ma riuscì ad allontanarsi carponi aggrappandosi a un monumento. Stette lì, avvinghiato ai piedi di quell’uomo di bronzo che impugnava una katana in una mano e un ventaglio nell’altra, mentre il tremore della terra si mescolava a quello del suo corpo.

L’atmosfera era ormai gravida di fumi che oscuravano la vista e la mente; Hiroshi si girò verso il mare. Vide l’acqua ritirarsi velocemente, come se avesse deciso di andarsene da un’altra parte, e vide emergere nuova terra dove prima c’era solo mare. Il drago adesso aveva sete.

   Il brontolio giunse da lontano, una potenza distruttiva che solo uno tsunami poteva causare. L’onda alta quanto un edificio, s’abbatté lenta ma inesorabile sulla costa, trascinando con sé tutto quello che c’era sul suo percorso: navi, cantieri, pontili e le grosse gru d’alaggio. Attraversò il porto strappando i docks dal suolo che galleggiarono come tante zattere impazzite alla deriva. Invase le strade di fango e detriti sommergendo auto, camion, case… poi vide.

   Vide suo padre chino a curare il giardino, sua madre che gli sorrideva dalla finestra mentre puliva la verdura, vide sua moglie sul treno che si allontanava, che ormai non gli sorrideva più; vide suo figlio che stringeva la mano a uno sconosciuto, vide tanti tonni decapitati; poi vide la sua immagine trascinata da un rigagnolo in un canale di scolo, vide i denti del drago.

Questo vide Hiroshi, nient’altro.

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