L’Atlantico una distesa d’acqua capricciosa come una donna, che ti ammalia con le sue lusinghe. Ti accarezza con il soffio dell’Aliseo e ti spinge leggero verso la meta, ma improvvisamente tira fuori gli artigli e diventa una fiera aggressiva e pericolosa, con sbuffi traditori e folate micidiali. Ti circonda con dolci colline d’acqua che degradano sotto la chiglia, ma senza preavviso le trasforma in montagne insormontabili e impervie, che si abbattono sullo scafo inesorabilmente, travolgendoti e trasformando il tuo sogno in un necrologio. Ma Anahita, la mia compagna di avventure, mi è stata fedele: non ha belle linee, ed è un po’ goffa, ma nonostante l’età avanzata mi ha condotto dall’altro lato dell’oceano, resistendo e sopportando continue sollecitazioni; reagendo con piglio deciso e lasciando sull’oceano una scia lunga tremila e seicento miglia. Cosa si può chiedere di più a una barca?
Dopo quattro lunghe settimane finalmente la meta: Mont Pelèe fa capolino dietro la foschia, sembra sorridere, un sorriso caraibico fatto di palme che svettano nel cielo azzurro, cosparso di fiocchi di nuvole cotonate; di lunghe spiagge bianche e assolate; di un mare turchese e cristallino abitato da pesci multicolori; del profumo di spezie sconosciute e misteriose; di Steel Band che suonano a ogni angolo di strada e da un’aria calda e accogliente che ti avvolge come in un sogno.
Ho affrontato questa traversata con l’intenzione di superare da solo l’oceano Atlantico e tra episodi piccoli e grandi mi sono aggiudicato il primo round – dopo un incontro duro e senza esclusione di colpi. Ma l’incontro non dura un solo round e sono ancora lontano dalla meta, ci arriverò in serata.
E’ buio, l’entrata è difficoltosa: un dedalo di secche e reef che sulle carte nautiche è definito “cul de sac”, non bisogna conoscere per forza il francese per capire il significato di queste parole: un budello cosparso di boe che segnalano il corridoio d’entrata del porto turistico di Le Marin. La prudenza mi consiglia di aspettare l’alba, l’azzardo mi incita a continuare; ascolto il secondo (sono stanco). Inizio a superare alcune secche seguendo attentamente le boe di segnalazione illuminate da un’intensa luce rossa: una, due, tre , quattro… dov’è la quinta? Quando realizzo l’errore è ormai troppo tardi. Uno stridìo sommerso mi fa accapponare la pelle, Anahita si blocca dando l’ultimo beccheggio in avanti e, arenandosi su un reef, resta immobile circondata da un oscuro silenzio. E’ una sensazione spiacevole, ho sentito la sofferenza della barca fin dentro le mie ossa. Il mare mi ha presentato il conto, calcolando un alto tasso di interessi. Ho abbassato la guardia e ho subìto un KO che mi ha steso al tappeto. Devo rialzarmi prima che finisca il conteggio! Provo a dare motore, prima avanti poi indietro, ma Anahita si appoggia su un lato soffrendo, e io con lei. Piango, mi inginocchio, mi dispero; sento tutto l’universo addosso. L’arbitro continua a contare… sette, otto… è finita! Aspetterò l’alba per chiedere soccorso; un sogno infranto proprio sul finale.
Mont Pelèe non mi sorride più, è avvolto nel buio, le palme, le spiagge bianche, le spezie, il mare turchese, sono scomparse dalla mia fantasia, mi resta solo il vento, caldo e costante… il vento? Che stupido, sono uno stupido! Come ho fatto a non pensarci prima? E’ una manovra rischiosa, ma possibile! Perché non tentare, tanto, male che vada, Anahita non si sposta più di tanto. Armo la randa e tiro su il fiocco e resto in attesa di un buon rinforzo di vento. Ecco! Ora! Cazzo le cime a ferro e Anahita si inclina, e, lentamente, comincia a spostarsi liberandosi dal giogo e portandosi verso acque più profonde. Un urlo liberatore si ripercuote nell’oscurità, sciogliendomi lo stress accumulato fino a pochi minuti prima. Mi sono rialzato prima che l’arbitro finisse di contare, e con un gancio ben piazzato ho abbattuto il mio avversario. Siamo pari!
Fatto l’ormeggio m’incammino sul pontile in cerca di qualcuno con cui parlare dopo tante settimane di silenzio, ma sono le tre di notte e in giro non c’è nessuno. Torno in barca, ma il sonno non arriva. Strano che dopo aver desiderato per giorni di farmi una bella dormita adesso non ci riesca.
Sono a Martinica, Anahita è ormeggiata, adesso riposa, e io veglio…