Grinze

Grinze sulle lenzuola:

increspature sul tessuto immacolato,

ondulazioni che attraversano un letto disfatto.

E poi, onde di pensieri, rughe mentali, solchi…

Riverberi di immagini:

sospiri ritmati, il corpo come la risacca,

le anche tra le mani, il ventre materno,

braccia che spiccano il volo, mani che volteggiano,

il suo peso su di me e dentro di me.

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Antichi spasmi

l’Amore è un battito d’ali

l’Amore è quello che scrivo

l’Amore è gocce di pioggia che brillano al sole

l’Amore è la sabbia che scivola tra le dita

l’Amore è osservarmi le scarpe bagnate

l’Amore è un cielo succoso come una mora

l’Amore è un’isola avvolta nella nebbia dopo tanto oceano

l’Amore è riplasmare me e la mia anima

l’Amore è risentire antichi spasmi

l’Amore è osservare la tua immagine fino a farmi sanguinare gli occhi.

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Inchiostro di china

Sembra che il tempo non ne voglia sapere di passare.

E’ come se si fosse cocciutamente impuntato su un singolo segmento.

Come un ingranaggio che si inceppa e poi riparte,

indolente, esasperante.

Anche questo bicchiere si riempirà.

Gocce di tempo scorrono sopra l’oceano, mentre il tuo viso sbiadisce.

Ma ho con me l’inchiostro di china.

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Comprendere

Mi distendo sulle tue parole

aggiusto le vocali dietro la testa

appoggio le consonanti sul comodino

tiro giù gli aggettivi – dormo meglio senza –

mi copro con qualche avverbio.

Intanto cerco di comprendere.

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Ecco!

Ho navigato nella vastità degli oceani seguendo rotte sconosciute.

Ho sofferto la fame, la sete, il sonno, la solitudine.

Ho imparato a interpretare gli eventi atmosferici.

 Ho imbrigliato i venti, cavalcato le onde, rincorso le nuvole.

Ho imparato a usare la pioggia e il sole.

Ho tessuto vele, ho impalmato corde.

Ho piegato l’acciaio e trasformato il legno.

Ho separato il sale dall’acqua, la pelle dai muscoli, la carne dalle ossa.

 Ho ucciso.

Ho visto gli iceberg, le balene, le orche, gli albatros…

Ho sempre evitato la terraferma e i suoi infidi scogli:

trappole che imprigionano e rendono schiavi.

Ho sempre guardato a prua, là, verso l’orizzonte.

La mia pelle è cotta di sole e di sale. I miei occhi arsi dal mare,

i miei piedi deformi;  sempre in cerca di equilibrio.

Le mie mani piagate da mille ferite.

Adesso le mie membra sono stanche…

Ecco! Un’isola.

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Sula

Le mie parole cosparse di sale.

I miei occhi bruciati dal sole.

Intorno al mio relitto vola una sula.

Al centro dell’oceano sono solo.

Ricordi controversi della Sila.

Serate a giocare a carte nella sala.

Forse era meglio navigare lungo il Sele.

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Calano le notti

Calano le notti umide.

Spruzzi di plancton lucente.

Qualche stella brilla più delle altre.

Giove rincorre Venere che si nasconde sotto l’orizzonte.

Intanto i giorni scivolano sull’Atlantico.

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Riviste

Quotidiani che si susseguono.
Settimanali che si accavallano.
Mensili che si moltiplicano.
Annuari che passano.
Cose viste e riviste.

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Guerriera

Monte Olimpo, un grosso brufolo svuotato.

Dietro, altri mondi brillano.

Phobos corre veloce. Demios – più lontana – affanna.

Presto si schianteranno al suolo… non tanto presto però.

Ossido di ferro ai miei piedi, e il silenzio che li accompagna.

Nelle tasche asteroidi Troiani.

Vento lungo le valli e intorno a me.

Croste di basalto spolverate di silicio.

Canali antichi e per niente artificiali.

La valle Marineris…

desolazione.

Sei rossa come il fuoco, sei guerriera.

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Squillo

Aspetto. Forse chiamerai.

Aspetto, ma sono in ansia: soffro.

Cerca di capirmi…

Aspetto, tendo l’orecchio.

Ecco!

No, tutte uguali queste suonerie…

Sono teso, molto teso.

Ancora uno squillo: lontano.

Cambierò marca di cellulare…

Giaccio, le palpebre calano.

Ti vedo, sei di spalle, o forse non sei tu.

No, non sei la mia suoneria,

hai lo squillo un po’ diverso.

Sembra lo stesso, ma è diverso.

Mi sveglio,

c’è una chiamata persa.

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